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L’utilizzo di una connessione cifrata con il protocollo SSH (Secure SHell) è ormai una necessità imprescindibile per poter effettuare in sicurezza la gestione remota di un server tramite la riga di comando.

Nel caso di Linux questa funzionalità viene universalmente fornita dal progetto OpenSSH, che fornisce sia la parte server (il servizio da installare sul server, che consente di collegarsi allo stesso) che la parte client col comando @ssh@ da eseguire sulla propria workstation.

Il protocollo può essere usato, per la parte client, anche nel mondo Windows dove però è più comune utilizzare come client un programma grafico, Putty.

Benché il servizio SSH renda sempre possibile accedere usando la normale autenticazione con username e password, è fondamentale per la sicurezza utilizzare il supporto fornito dal progetto per l’autenticazione a chiavi, che sulle distribuzioni recenti è anche l’unico che viene attivato nell’installazione di default per dare un accesso amministrativo con l’utente root.

Vedremo in questo articolo come effettuare una serie di operazioni relative alla gestione ed all’uso delle chiavi con OpenSSH.

Creazione di una coppia di chiavi

Il primo passo per l’utilizzo di questo meccanismo di autenticazione è la creazione di una coppia di chiavi personale: una chiave privata, che è quella che ci permetterà di identificarci distribuendo a destinazione la corrispondente chiave pubblica. Questa operazione viene eseguita, come la gran parte delle operazioni relative alla gestione delle chiavi, dal comando ssh-keygen, da invocare sulla propria workstation senza nessun argomento:

root@bookworm:~# ssh-keygen 
Generating public/private rsa key pair.
Enter file in which to save the key (/root/.ssh/id_rsa): 
Enter passphrase (empty for no passphrase): 
Enter same passphrase again: 
Your identification has been saved in /root/.ssh/id_rsa
Your public key has been saved in /root/.ssh/id_rsa.pub
The key fingerprint is:
SHA256:AlZFxA+olPPKhpz9KwdvRwIwDMpgNJFo7Im2IQCCVjI root@bookworm
The key's randomart image is:
+---[RSA 3072]----+
|@E+. ..*+        |
|X=B +.. o        |
|B..+o+   o       |
|o= .o..   .      |
|o.o= o. S        |
| .+ * ...        |
|   . + o         |
|    . = .        |
|     +.o         |
+----[SHA256]-----+

in questo caso anzitutto ci viene chiesto di indicare su quale file salvare la chiave privata (quella pubblica sarà sempre salvata in un secondo file con lo stesso nome ed un ulteriore suffisso .pub). Di default è meglio usare il file .ssh/id_rsa nella home dell’utente che esegue il comando.

Viene chiesto poi l’inserimento di una passphrase (un modo per enfatizzare la necessità di usare qualcosa di più robusto della classica password elementare), da ripetere due volte per conferma. Si può creare una chiave senza password premendo due volte invio.

Viene poi stampata una immagine in ascii-art che illustra visivamente il contenuto della chiave, indicandone anche gli algoritmi crittografici usati e le dimensioni. Il default è usare l’algoritmo RSA, ma con l’opzione -t si può indicare di usarne uno delle altre due possibili alternative, ecdsa e ed25519 (ma in genere non ci sono motivi specifici per cambiarlo).

Come accennato si troveranno la chiave pubblica e la chiave privata rispettivamente nei file .ssh/id_rsa e .ssh/d_rsa.pub.

Installare una chiave pubblica per l’accesso remoto

Per poter accedere ad un server remoto usando l’autenticazione a chiavi occorre che la propria chiave pubblica venga inserita fra quelle autorizzate. Pertanto quello che dovrà essere fatto dal lato client è solo quello di mettere a disposizione per l’installazione sul server la propria chiave pubblica, vale a dire il file .ssh/d_rsa.pub.

Per fornire un accesso SSH con autenticazione a chiavi OpenSSH richiede che la stessa sia inserita fra quelle installate nel file .ssh/authorized_keys nella home dell’utente su cui ci si vuole collegare. Pertanto, assumendo che sia stata resa disponibile la suddetta chiave pubblica a destinazione nel file nuovachiave.pub (assumiamo che sia stata caricata da chi ne ha la possibilità, in genere l’amministratore del server) questa potrà essere aggiunta a quelle autorizzate semplicemente eseguendo:

cat nuovachiave.pub >> ~/.ssh/authorized_keys

che la aggiunge in coda (sono sempre una per riga) a quelle eventualmente già presenti.

Si tenga presente che questo comando deve essere eseguito in genere dall’utente a cui sui vuole dare accesso, che è l’unico che deve poter scrivere sul file, se lo si fa eseguire ad esempio a root per scrivere nella home di un altro utente occorrerà sincerarsi che il file sia preesistente perché altrimenti verrà creato da root, e non appartenendo più all’utente ed al suo gruppo, OpenSSH non consentirà più nessun accesso.

Una volta completata questa installazione, ci si potrà collegare alla macchina dal client invocando ssh utente@server.remoto.it ma al posto della password dell’utente remoto a chi si collega verrà chiesta la passphrase della propria chiave privata (e se usa un agent SSH solo la prima volta che la utilizza). Si noti come in questo caso chi si collega non deve sapere la password dell’utente remoto e l’amministratore del server remoto può revocare l’accesso semplicemente rimuovendo la chiave pubblica, senza necessità di cambiare una password che non è neanche necessario sia presente.

Cambiare la passphrase di una chiave privata

La protezione della propria chiave privata è essenziale per la sicurezza, perché chiunque ne entri in possesso potrà avere accesso diretto a tutti i server per cui si è autorizzati. Per questo è essenziale usare una buona passphrase, ed inoltre, se si è vincolati a rispondere ai requisiti sulla normativa della privacy, sarà necessario cambiarla ogni tre o sei mesi.

Per cambiare la passphrase della propria chiave privata è sufficiente usare il comando ssh-keygen -p, questo chiederà prima di indicare in quale file questa è contenuta indicando il default, che è ~/.ssh/id_rsa. Questo verrà accettato se si preme invio (se ne può indicare un altro con ssh-keygen -p -f /path/to/file) e poi chiederà la vecchia passphrase e la nuova due volte, riscrivendo il file con la chiave privata cifrata dalla nuova passphrase.

Dato che quanto è necessario per l’autenticazione presso i server remoti è solo il contenuto della chiave privata, non sarà necessario effettuare nessuna operazione sugli stessi, dato che questo non cambia, cambiano soltanto le modalità in cui la si rende accessibile al comando ssh, che dovrà essere fatto con la nuova passphrase.

Convertire una chiave pubblica di Putty per OpenSSH

I comandi visti finora si applicano all’uso delle chiavi private con il client a riga di comando di Linux, ma come detto su Windows il client più comune è Putty, che non solo fornisce il programma di accesso al protocollo, ma anche un opportuno emulatore di terminale per l’uso da parte della riga di comando su una macchina Unix.

Le chiavi SSH generate da Putty però usano un formato diverso rispetto a quelle di OpenSSH, in stile PEM (analogo a quello usato da OpenSSL), e sono della forma:

---- BEGIN SSH2 PUBLIC KEY ----
Comment: "rsa-key-20240709" 
AAAAB3NzaC1yc2EAAAADAQABAAABAQCa8ajLS0A7xNSLCp/VuB+kXRbKomuqd2dX
...
BWiQN9v1n21YSaC+NCuCXO/7POJrGhfWe/ppL/jPKXTGKl0x5aEN
---- END SSH2 PUBLIC KEY ----

In questa forma le chiavi non sono adatte all’uso nel file .ssh/authorized_keys usato dalla parte server di OpenSSH, pertanto se le si devono installare per fornire un accesso devono essere opportunamente convertite nel formato a riga singola usato da OpenSSH con il comando:

ssh-keygen -i -f putty_pub.key > openssh_key.pub

fatto questo per l’installazione su un server remoto si potrà procedere come prima, usando il file openssh_key.pub così ottenuto.

A questo punto speriamo che l’articolo possa esservi stato utile, ma se doveste avere dubbi o curiosità, non esitate a contattarci sul nostro sito Contatti – Not Just A Cloud

 

                                                                                                  La redazione

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